Valle d'Aosta

Informazioni sui Documenti Storici della Valle d’Aosta

Charte des franchises d’Aoste

Io, Tommaso, conte di Maurienne e marchese d’Italia, avendo constatato e riconosciuto le calamità sopraggiunte, così come le vessazioni e gli affronti subiti, rendo la libertà alla città di Aosta ed ai suoi sobborghi; agisco così anche per consiglio del vescovo Valbert e dei miei baroni, i cui nomi sono apposti in calce, in modo che d’ora in poi, ne io, ne miei successori esigeremo, personalmente o per mezzo di ufficiali, le tasse o i contributi che non siano consentiti; ma mi impegno a difendere da qualsiasi pericolo, in misura delle mie forze, le chiese, i beni del vescovo, dei chierici e dei religiosi.

Io, il Conte, tengo sotto la mia giurisdizione speciale la porzione di territorio che si estende dal Pont-de-Pierre sul Buthier fino al ponte di Saint-Genis, e da questi due ponti fino alla Dora, seguendo il corso del canale che parte dal Buthier e fa il giro della città e dei suoi sobborghi. Colui che, entro questi confini, commetterà violenza a qualcuno, lo ferirà, o lo offenderà in qualsiasi maniera, sarà sottomesso al giudizio del magistrato nominato dal Conte, al fine di riparare i danni e le ingiurie causate e di rendere conto al Signore.

L’omicida perderà la sua persona ed i propri beni. In cambio di questa carta di libertà, i suddetti abitanti presenti e futuri, promettono di mantenere ed osservare la fedeltà dovuta al Conte. Se qualcuno violerà questo giuramento sarà consegnato al Signore ed i suoi beni saranno confiscati.

Allo stesso modo, su istanza e a vantaggio di tutta la città e dei suoi sobborghi, io stabilisco, a pena di sessanta lire, che i mercanti, gli stranieri e tutti coloro che giungono dal Mont-Joux attraverso la porta Saint-Etienne, vadano fino alla misura in pietra del grano in pietra, e di là attraverso la via principale fino alla Porta Sant’Orso, e si procurino un alloggio in città o nei suoi sobborghi, senza frode nè dolo nè costrizione.

Parimenti ordino rigorosamente, con la stessa pena, che coloro che giungono dalla Lombardia seguano la stessa via. Noi diffidiamo, con la medesima pena, gli abitanti della città e dei suoi sobborghi di violare quest’ordine.

Seduta dell’assemblea degli Stati del 29 febbraio 1536

Innanzitutto il balivo d’Aosta ha proposto e sottolineato, di fronte al nostro temutissimo Signore [il Duca di Savoia], tre punti principali al cospetto dell’uditorio, rispetto ai quali chiede risposta, in particolare e in generale, vale a dire:

* se ciascuno è deliberato e disposto a vivere e morire nella santa fede cattolica nella quale noi viviamo oggi come vissero i nostri predecessori;

* se ciascuno è risoluto a voler vivere e morire nella sottomissione ed obbedienza al nostro temutissimo signore, il Monsignore Duca di Savoia come buoni e fedeli vassalli e sudditi;

* se ciascuno è determinato a voler contribuire a tutte le spese ed oneri necessari per mantenere, proteggere e difendere, la cosa pubblica e del Paese, in proporzione e rate uguali, come i buoni sudditi ed i buoni cristiani devono fare.

A queste richieste, i signori nobili, i cittadini, i borghesi ed i comuni concordano con i tre punti sopra esposti, affermando di voler vivere e morire senza risparmiare nulla per difendere la nostra santa fede cattolica, per obbedire al nostro principe e per la difesa dei suoi paesi contro coloro che ci vorrebbero arrecare danno, offrendosi di partecipare ugualmente a qualsiasi spesa e onere finalizzati al bene e alla difesa dei detti paesi, così come proposto.

Ed avendo approfondito particolarmente la loro opinione su questo oggetto, in segno di comune accordo, tutti i partecipanti hanno alzato la mano ed hanno approvato i sopra esposti punti.

Editto del Duca Emanuele Filiberto sulla lingua francese

A tutti i presenti porgo i miei saluti. Come abbiamo riscontrato, con la partecipazione dei membri del nostro Consiglio di Stato, è importante e necessario, per il bene e l’utilità dei nostri sudditi e Paesi, rendere comune e utilizzare, in tutte le questioni tanto della giustizia che di altro, la lingua volgare, a ciascuna provincia la propria; ed avendo per questo motivo redatto ordinanze e statuti, per mezzo dei quali, i nostri sudditi possano meglio conoscere e capire le nostre intenzioni e volontà ed a queste uniformarsi; sapendo che da sempre la lingua francese nel nostro “Pays d’Aoste” è più conosciuta e diffusa delle altre; ed essendo il popolo, ed i sudditi di detto Paese, abituati a parlare questa lingua più facilmente che le altre, abbiamo appreso che nonostante i nostri statuti ed ordinanze, alcuni disobbedienti usano nelle loro procedure sia di giustizia che altro, la lingua latina, la quale oltre a quelli che non la conoscono perfettamente, non è comprensibile al popolo così come il francese: per questo motivo abbiamo voluto, con la presente, affermare e dichiarare il nostro volere e deliberare risolutamente che nel Paese e Ducato di Aosta nessuno, chiunque esso sia, utilizzi sia nelle procedure che nei processi ed atti di giustizia, stipulazione di contratti, strumenti, inchieste o altre cose simili, lingua diversa da quella francese, a pena di nullità dei medesimi contratti e procedure, e a cento lire di multa per entrambe le parti.

Parimenti chiediamo e ordiniamo ai nostri amati e fedeli Consiglieri Prefetto, Balivo, Avvocato e Procuratore del suddetto “Pay d’Aoste” e inoltre ad i nostri Ufficiali e Giudici, e a ciascuno di essi, secondo la propria competenza, che osservino per primi queste norme, e le facciano osservare puntualmente ai nostri sudditi senza contravvenirvi in alcun modo, avendo timore di incorrere in detta pena. Dando mandato affinché facciano pubblicare a suono di tromba a tutti gli incroci della nostra città di Aosta, e negli altri villaggi del suddetto Paese, al fine che i nostri sudditi non possano addurre ne pretendere scusante dovuta all’ignoranza. Questo è il nostro volere.

La déclaration de Chivasso

Noi popolazioni delle vallate alpine

Constatando che i venti anni di mal governo livellatore ed accentratore sintetizzati dal motto brutale e fanfarone di “Roma doma” hanno avuto per le nostre valli i seguenti dolorosi e significativi risultati:

1. oppressione politica attraverso l’opera dei suoi agenti politici ed amministrativi (militi, commissari, prefetti, federali, insegnanti) piccoli despoti incuranti ed ignoranti di ogni tradizione locale di cui furono solerti distruttori;

2. rovina economica per la dilapidazione dei loro patrimoni forestali ed agricoli, per l’interdizione della emigrazione con la chiusura ermetica delle frontiere, per l’effettiva mancanza di organizzazione tecnica e finanziaria dell’agricoltura, mascherata dal vasto sfoggio di assistenze centrali, per l’ incapacità di una moderna organizzazione turistica rispettosa dei luoghi; condizioni tutte che determinarono lo spopolamento alpino;

3. distruzione della cultura locale per la soppressione della lingua fondamentale locale, laddove esiste, la brutale e goffa trasformazione dei nomi e delle iscrizioni locali, la chiusura di scuole e di istituti locali autonomi, patrimonio culturale che è anche una ricchezza ai fini dell’emigrazione temporanea all’estero;

Affermando

1. che la libertà di lingua come quella di culto è condizione essenziale per la salvaguardia della personalità umana;

2. che il federalismo è il quadro più adatto a fornire le garanzie di questo diritto individuale e collettivo e rappresenta la soluzione del problema delle piccole nazionalità e la definitiva liquidazione del fenomeno storico degli irredentismi, garantendo nel futuro assetto europeo l’avvento di una pace stabile e duratura;

3. che un regime federale repubblicano a base regionale e cantonale è l’unica garanzia contro un ritorno della dittatura, la quale trovò nello stato monarchico accentrato italiano lo strumento già pronto per il proprio predominio sul paese; fedeli allo spirito migliore del Risorgimento

Dichiariamo quanto segue

1. autonomie politiche amministrative

1. Nel quadro generale del prossimo stato italiano che economicamente ed amministrativamente auspichiamo sia organizzato con criteri federalistici, alle valli alpine dovrà essere riconosciuto il diritto di costituirsi in comunità politico-amministrative autonome sul tipo cantonale;

2. come tali ad esse dovrà comunque essere assicurato, quale che sia la loro entità numerica, almeno un posto nelle assemblee legislative regionali e cantonali;

3. l’esercizio delle funzioni politiche ed amministrative locali (compresa quella giudiziaria) comunali e cantonali dovrà essere affidato ad elementi originari del luogo o aventi ivi una residenza stabile di un determinato numero di anni che verrà fissato dalle assemblee locali.

2. Autonomie culturali e scolastiche

Per la loro posizione geografica di intermediarie tra diverse culture, per il rispetto delle loro tradizioni e della loro personalità etnica, e per i vantaggi derivanti dalla conoscenza di diverse lingue, nelle valli alpine deve essere pienamente rispettata e garantita una particolare autonomia culturale linguistica consistente nel:

1. diritto di usare la lingua locale, là dove esiste, accanto a quella italiana, in tutti gli atti pubblici e nella stampa locale;

2. diritto all’insegnamento della lingua locale nelle scuole di ogni ordine e grado con le necessarie garanzie nei concorsi perché gli insegnanti risultino idonei a tale insegnamento. L’insegnamento in genere sarà sottoposto al controllo o alla direzione di un consiglio locale;

3. ripristino immediato di tutti i nomi locali.

3. Autonomie economiche

Per facilitare lo sviluppo dell’economia montana e conseguentemente combattere lo spopolamento delle vallate alpine, sono necessari:

1. un comprensivo sistema di tassazione delle industrie che si trovano nei cantoni alpini (idroelettriche, minerarie, turistiche, di trasformazione, ecc.) in modo che una parte dei loro utili torni alle vallate alpine, e ciò indipendentemente dal fatto che tali industrie siano o meno collettivizzate;

2. un sistema di equa riduzione dei tributi, variabile da zona a zona, a seconda della ricchezza del terreno e della prevalenza di agricoltura, foreste o pastorizia;

3. una razionale e sostanziale riforma agraria comprendente:

1. l’unificazione per il buon rendimento dell’azienda, mediante scambi e compensi di terreni e una legislazione adeguata della proprietà familiare agraria oggi troppo frammentaria;

2. l’assistenza tecnico-agricola esercitata da elementi residenti sul luogo ed aventi ad esempio delle mansioni di insegnamento nelle scuole locali di cui alcune potranno avere carattere agrario;

3. il potenziamento da parte delle autorità locali della vita economica mediante libere cooperative di produzione e consumo;

4. il potenziamento dell’industria e dell’artigianato, affidando all’amministrazione regionale cantonale, anche in caso di organizzazione collettivistica, il controllo e l’amministrazione delle aziende aventi carattere locale;

5. La dipendenza dall’amministrazione locale delle opere pubbliche a carattere locale e il controllo di tutti i servizi e concessioni aventi carattere pubblico.

Questi principi noi rappresentanti delle Valli Alpine, vogliamo vedere affermati da parte del nuovo stato italiano, così come vogliamo che siano affermati anche nei confronti di quegli italiani che sono e potrebbero venire a trovarsi sotto il dominio politico straniero

Chivasso, 19 dicembre 1943.

Lettera d’Alessandro Passerin d’Entrèves a Federico Chabod

Tu sai che tutta la mia azione in passato è stata rivolta ad impedire che la questione valdostana venisse posta sul piano internazionale. Ancora pochi giorni fa, in una lettera a Mons. Stévenin, ho preso apertamente posizione contro la richiesta di una garanzia internazionale. Tuttavia debbo confessarti – ed a te soltanto lo posso e lo voglio fare – che, a ripensarci bene, i timori dei valdostani di vedersi un giorno o l’altro ritogliere quanto fu loro (abbastanza a malincuore) concesso dall’Italia, non mi sembrano del tutto infondati. Ritornato in Italia dopo un’assenza di 5 mesi sono stato esterrefatto dai progressi compiuti da una mentalità che non posso chiamare altro che neo fascista. La massa dei nostri compatrioti non sembra avere appreso nulla dalla sventura. Il vecchio complesso nazional-imperialistico è più vivo che mai. Che cosa succederà dell’autonomia il giorno in cui De Gasperi ed i moderati non saranno più al potere?

Come vedi, in questo punto ragiono forse più da Valdostano che da Italiano. Avrò torto, ma i sentimenti non si comandano (…). Sono certo che non interpreterai in mala parte la sincerità con cui ti ho esposto il mio pensiero e mi conserverai quella tua amicizia che mi è tanto cara.

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