Valle d'Aosta

La rivoluzione industriale europea inizia in Inghilterra nella seconda metà del XIII secolo per giungere in Italia nella prima metà del XIX secolo. In questo periodo, il sistema economico della Valle d’Aosta, in linea con le tendenze delle altre comunità montane europee assimilabili, si prepara al progressivo distacco dall’economia rurale basata sostanzialmente sull’autarchia agricola, per sviluppare quella struttura di commercio che sta alla base del processo di industrializzazione.

Durante questo periodo la Valle d’Aosta subisce lo scorporo dalla Savoia e l’annessione al Piemonte. Questi repentini cambiamenti geo-politici precludono al sistema economico regionale i naturali sbocchi sui mercati d’oltralpe, aprendo contemporaneamente alla concorrenza piemontese. L’effetto congiunto delle due azioni è il blocco dello sviluppo regionale fino alla seconda metà del XIX secolo.

Sono le connotazioni idriche e morfologiche della regione che le permettono nel 1885 di mettere in funzione ad Aosta la prima centrale idroelettrica d’Italia. Il diffondersi dell’utilizzo dell’energia elettrica come forza motrice nell’industria, crea un’occasione unica per il settore industriale regionale.

Tra il 1885 ed il 1925 si innesca un ciclo virtuoso che attira la grande industria in cerca di energia elettrica, questa costruisce nuove centrali idroelettriche per aumentare il proprio potenziale energetico. I primi stabilimenti industriali, hanno tutti come denominatore comune, l’esigenza del fattore produttivo energia, sono quindi quasi tutti riconducibili ai settori: chimico, tessile e siderurgico.

Tra il 1925 ed il 1937 l’industria valdostana conosce il proprio apogeo riuscendo a partecipare al P.I.L. regionale per il 70% circa del totale ed impiegando 60% circa della forza lavoro.
La seconda guerre mondiale cristallizza una situazione industriale regionale di tutto rispetto, favorendone alcune peculiarità che costituiranno, successivamente, i maggiori punti deboli: specializzazione e processo produttivo verticale (si produce tutto il necessario all’interno dell’ecosistema regionale).

Con il dopo guerra inizia la lenta ma inevitabile fase di recessione del sistema industriale regionale. Dapprima la conquista tecnica del trasporto dell’energia elettrica su grandi distanze penalizza la localizzazione dei nuovi stabilimenti sul territorio regionale, successivamente le materie prime regionali cominciano a perdere convenienza di fronte all’apertura internazionale dei mercati, in fine le risorse umane locali si esauriscono sull’onda delle sempre maggiori richieste da parte dell’industria stessa.
Il processo di ridimensionamento dell’industria valdostana si conclude negli anni ‘70 con le grandi crisi economiche internazionale che vedono proprio quei settori industriali presenti in regione, concentrarsi a livello multinazionale.

Nel 1994 lo scenario industriale regionale è connotato da:

  • un livello occupazionale di circa 12.000 addetti, in maggioranza assunti da strutture con meno di 20 addetti;
  • il polo metallurgico occupa ancora una posizione importante;
  • la tradizionale produzione di energia elettrica resta viva, e contribuisce per circa il 7% del fabbisogno energetico nazionale.
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